 |
 |
 |
 |
 |
 |
|
Il Buddismo Ch’an…
È nel monastero Ch’an (Shaolin Szu) che si svilupparono
notevolmente le arti da combattimento (arti marziali).
È lo stesso Bodhidarma a insegnare per lungo tempo nel
tempio, ed è qui che si sviluppa il Tai Chi C’huan, come ponte
di collegamento e interazione tra Taoismo e Buddismo.
Il Tai Chi Ch’uan deriva direttamente dallo Shaolin Ch’uan
che nacque proprio nel tempio Ch’an Shaolin Szu.
Il Tai Chi Ch’uan e lo Shaolin Ch’uan rappresentano le due
componenti del Kung-Fu.
La vita nel monastero era adatta a chi voleva praticare
seriamente: alimentazione frugale, sonno permesso solo
quello strettamente necessario e per di più su di un duro
giaciglio, lavoro e allenamento fisico molto pesante, disciplina
severissima.
Erano richiesti puntualità, autocontrollo, sopportazione al
caldo e al freddo, al dolore, e imperturbabilità di fronte al
pericolo e alla morte.
Il Buddismo Ch’an insegna a vuotare la mente, a liberarla
da ogni idea preconcetta, da ogni influenza esterna. Si può
raggiungere così uno stato di “ricettività totale” che permette
contemporaneamente la “tranquillità” e la “capacità di
reazione rapida”, permettendo di reagire istintivamente al
minimo stimolo.
Si viene ad assumere lo stato di relax “del gatto o dell’uccello”
il quale sta in allerta rimanendo completamente e naturalmente
rilassato. È questo l’importantissimo concetto di relax.
È con la mente libera da ogni pensiero, priva di aggressività o
paura, che si giunge al rilassamento e si possono anche percepire
le intenzioni di un avversario e agire di conseguenza.
Si può coltivare un sesto senso che permette di prevedere il
pericolo e di anticipare le azioni di un avversario.
Se la mente è invece turbata da pensieri o preoccupazioni
d’attacco o di difesa, non è possibile percepire le intenzioni
dell’avversario e si può essere tratti in inganno anche da una
semplice finta.
Il vuoto della mente e il duro allenamento del corpo
permettono di raggiungere l’unità di spirito e di corpo:
il corpo (temprato dall’esercizio) non più frenato dalla mente
(vuota) è pronto allora a reagire istantaneamente nel modo
più efficace e puro agli stimoli.
Non vi è più nessun freno fra percezione e reazione:
il tempo di reazione è il più breve possibile e la tecnica
“perfetta”. Le tecniche “perfette” sono sempre eseguite in
maniera inconscia, paradossalmente prima eseguite e poi
pensate.
Infine per gli ideali pacifici, di non violenza e d’armonia, il fine
pratico delle arti da combattimento non è più l’eliminazione
fisica dell’avversario, ma l’autodifesa e la protezione dei
deboli.
Il Buddismo Ch’an con il Taoismo e l’Induismo hanno
profondamente influenzato le arti da combattimento
orientali:
Arti che insegnano a uccidere diventano così Vie per il
perfezionamento spirituale.
|
|
|
|
|
148-149 |
 |
|
 |